La paura di malattie insolite o esotiche portate in Italia da cittadini stranieri è uno dei luoghi comuni più diffusi sui migranti basato su una pericolosa generalizzazione che porta ad una visione disumanizzata del fenomeno. Malattie, come l’Hiv o le epatiti sono virus a trasmissione sessuale e, quindi, come spiega Maria Rita Gismondo, responsabile del laboratorio di Microbiologia clinica all’ospedale Luigi Sacco di Milano, l’eventualità del contagio esiste solo tra i migranti stessi. Un’indagine epidemiologica condotta nel 2014 dall’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP) mostra come le principali malattie dermatologiche di tipo infettivo riscontrate in 3870 profughi in transito fossero la scabbia, la foruncolosi e l’impetigine.

Inoltre più del 60 per cento dei 3.153 casi di tubercolosi notificati nel 2013 in Italia sono stati diagnosticati in stranieri. «Ma questo non deve far pensare che arrivando sul nostro territorio queste persone rappresentino una minaccia, perché “portano la malattia”, come spesso si sente dire» spiega Giovanni Baglio, epidemiologo dell’Istituto Nazionale Salute Migrazione e Povertà (INMP) di Roma, «Anzi, la stragrande maggioranza di coloro che vengono a cercare lavoro in Europa partono in ottime condizioni di salute: se soffrissero di tubercolosi in forma conclamata, e quindi infettiva, non potrebbero resistere al viaggio». Il sistema di sorveglianza messo in atto dall’Istituto superiore di sanità su circa 5.000 persone nei Centri di accoglienza non ha trovato casi di tubercolosi tra i cosiddetti “migranti forzati”, che scappano da condizioni di guerra, persecuzione o carestia, sui barconi che attraversano il Mediterraneo. «E anche un’altra rilevazione epidemiologica, a cui ha partecipato il nostro Centro, su 4.000 persone in transito per Roma verso i Paesi del Nord Europa, non ne ha trovata nemmeno una che manifestasse la malattia». Una volta arrivati qui, tuttavia, l’iniziale patrimonio di salute degli immigrati si dilapida facilmente: condizioni igieniche scadenti, sovraffollamento, malnutrizione fanno sì che i microrganismi eventualmente latenti si possano risvegliare, e trasmettere tra chi vive insieme a loro. «La possibilità che venga contagiato, e soprattutto che sviluppi la malattia, chi vive in una situazione di relativo benessere è invece molto bassa» precisa l’esperto. Negli ultimi dieci anni infatti il numero totale dei casi si è mantenuto abbastanza stabile: è cresciuto tra gli immigrati, rispecchiando l’aumento della loro presenza sul territorio, mentre il rischio di ammalarsi per loro come per gli italiani si è addirittura ridotto.


Fonti e link utili:

http://www.ilgiornale.it/news/politica/cagliari-allarme-tubercolosi-i-migranti-portano-batteri-1284452.html

http://www.saluteinternazionale.info/2015/09/malattie-infettive-e-immigrazione-facciamo-chiarezza/