Nella cronaca sarda, una recente notizia che ha visto come protagonista la circolare del 13 dicembre del Direttore Medico dei PP.OO, Giuseppe Ortu, ha creato non poco scalpore. La circolare ha previsto che «in previsione dello sbarco dei migranti previsto per la giornata di oggi, si invitano le SS.LL. a voler provvedere a bloccare i ricoveri programmati e a dimettere i pazienti dimissibili, al fine di poter affrontare l’eventuale emergenza».  Tale provvedimento ha scatenato l’ira dei cittadini sardi, poi fomentata dalla strumentalizzazione della notizia sia da parte dei media, che da alcuni esponenti della classe politica regionale, che l’hanno vista come un diniego da parte dei presidi ospedalieri di offrire il servizio sanitario ai cittadini sardi in cattive condizioni di salute, così da poterla orientare a favore dei migranti.

A smentire tali voci e a rassicurare i cittadini ci ha pensato l’Assessore Regionale dell’Igiene e Sanità, Luigi Benedetto Arru, dichiarando che «in caso di eventi eccezionali per numero di persone coinvolte o per gravità delle condizioni cliniche, si attiva un piano che prevede che siano prontamente dimessi i pazienti per i quali il medico che li ha in cura, e solo lui, ha già stabilito la dimissibilità». Quindi, solo coloro in condizioni tali da essere dimessi, e che lo sarebbero stati in ogni caso, a prescindere dalla sopravvenuta emergenza, sono stati dimessi, attraverso una semplice velocizzazione della prassi burocratica. Lo stesso vale anche nel caso di coloro il cui ricovero era programmato ed è stato posticipato: si trattava di pazienti le cui condizioni cliniche permettevano che si potesse posticipare il ricovero finché l’emergenza non fosse rientrata.

Nonostante tra i migranti sbarcati, ben ottocentocinquantaquattro, vi fossero numerose donne vittime di violenza e bambini, coloro che hanno avuto bisogno di cure mediche e di essere ricoverati sono stati appena l’1%. Ciò conferma quanto il disagio sostenuto dai cittadini sia stato limitato, e quanto bene sia stato svolto il lavoro per fronteggiare l’emergenza all’interno degli ospedali cagliaritani.

L’Assessore Arru ha proseguito affermando «dispiace che si diffondano notizie con il solo scopo di suscitare   paura e odio contro persone hanno bisogno di aiuto e conforto dopo aver effettuato viaggi lunghi e pericolosi. L’assistenza a queste persone è dovuta e, certamente, non viene scapito della risposta sanitaria che ricevono i cittadini sardi».

In questo particolare caso la disinformazione, e l’informazione da “quattro soldi”, hanno giocato un ruolo fondamentale nella mala interpretazione di questa notizia. Hanno alimentato l’odio irrazionale nei confronti di persone bisognose oltre che di cure mediche, anche di conforto e sostegno. Tutto questo alle porte di quella che nella nostra cultura è definita come la festa della solidarietà e della pace per eccellenza. Il tutto è stato poi accentuato dalla scarsa conoscenza delle modalità di erogazione del servizio sanitario nazionale ai migranti, su cui è doveroso, a questo punto, definirne, almeno, i tratti fondamentali.

La Costituzione italiana, all’art. 32, prevede: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. E, a conferma di ciò, il Dlgs. 286/98 recita: “Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici e accreditati, le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, con particolare riguardo alla profilassi, alla diagnosi e alla cura delle malattie infettive”. In questo senso l’erogazione del servizio sanitario ai migranti non è solo rivolto a migliorare le loro condizioni di salute, ma soprattutto a tutelare un interesse collettivo, quello del diritto alla salute, attraverso, ad esempio, la prevenzione di malattie infettive.  Con una sentenza della Corte di Cassazione viene affermato che “devono ritenersi garantite tutte le prestazioni essenziali per la vita della persona straniera, ritenendo prevalente il valore universale e costituzionale della salute rispetto all’interesse dello Stato a espellere dal territorio nazionale lo straniero privo del permesso di soggiorno”. Viene posta, quindi, su una corsia preferenziale l’esigenza di tutela della salute (non solo dello straniero, ma di tutti noi italiani), rispetto a quella dell’espulsione dal territorio italiano dell’immigrato irregolare.

Ora andiamo oltre il profilo giurisprudenziale, e vediamo cosa succede in concreto. I migranti arrivati nel nostro paese a cui non è ancora riconosciuto lo status di “rifugiato” vengono definiti “richiedenti asilo”. Dalla Convenzione di Ginevra viene definito rifugiato colui che “temendo di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese”. Un richiedente asilo, invece, è una persona che, avendo lasciato il proprio paese, chiede il riconoscimento dello status di rifugiato o altre forme di protezione internazionale. Fino a quando non viene presa una decisione definitiva dalle autorità competenti di quel paese, la persona è un richiedente asilo e ha diritto di soggiornare regolarmente nel paese, anche se è arrivato senza documenti d’identità o in maniera irregolare.

Quindi, in questa fase transitoria viene rilasciato un permesso di soggiorno, non valido per lavoro, per i primi 6 mesi di permanenza in Italia, della durata di uno o tre mesi, a seconda che la richiesta di asilo sia stata accolta o meno. Tale permesso concede solo il diritto di permanere sul territorio nazionale, di usufruire dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione scolastica per i minori. E, proprio riguardo all’assistenza sanitaria, sia il richiedente che i suoi familiari hanno diritto all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale (tessera sanitaria, medico di base, cure ambulatoriali e specialistiche, ricoveri in ospedale, etc.) ed all’esenzione del ticket in caso di disoccupazione.

Una volta riconosciuti come rifugiati, essi godono del diritto di soggiorno in Italia, che gli permette di lavorare, accedere agli studi, iscriversi al sistema sanitario nazionale ed eventualmente dell’assistenza sociale.


Fonti:

http://www.simmweb.it/fileadmin/documenti/Le_norme/ministero.decalogo_oper.pdf

http://www.saluteinternazionale.info/2014/07/oltre-gli-sbarchi-per-un-piano-nazionale-dellaccoglienza/

http://www.iss.it/binary/publ/cont/GUIDA_MIGRANTI_2_ed..pdf

http://www.alberodellasalute.org/wp-content/gallery/normativa_stranieri_17mag07.pdf

http://www.juragentium.org/topics/global/it/giunti.htm